CORONAVIRUS E CANONI DI LOCAZIONE

La normativa di emergenza non prevede alcuna sospensione dei canoni di locazione.

Si limita soltanto, all’art. 65 del cosiddetto decreto Cura Italia, ad introdurre, limitatamente ai conduttori di immobili commerciali, con categoria catastale C/1 (negozi e botteghe) un credito di imposta, per l’anno 2020, della misura del 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo.

V’è da dire che tale misura, peraltro totalmente insufficiente a far fronte alla situazione di difficoltà dei conduttori in tempi di emergenza, è esclusa in riferimento a tutte le attività di cui agli allegati 1 e 2 del DPCM 11 marzo 2020 (ovvero di tutte quelle attività essenziali che sono rimaste aperte in tempi di coronavirus: supermercati, ipermercati, discount alimentari, ecc.).

In merito alla spettanza del detto credito di imposta l’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 8 del 3 aprile 2020, ha specificato che il credito compete solamente nel caso in cui il canone venga effettivamente pagato al locatore.

Con ciò di fatto vanificando completamente la portata, peraltro come detto pure modesta, della norma sopra indicata.

Fermo quanto sopra, pur potendosi ipotizzare alcune soluzioni giuridiche, legate all’eccessiva onerosità sopravvenuta e/o all’impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta, va evidenziato che  le stesse non sembrano ristorare appieno le esigenze del conduttore.

Si suggerisce quindi come soluzione concretamente efficace  quella di trovare un accordo con il proprietario, in merito ad  un azzeramento o ad una riduzione dell’affitto per un periodo ben determinato.

Ciò ovviamente, stilando un’apposita scrittura da registrare presso l’Agenzia delle Entrate, e consentendo in tal modo al proprietario che è venuto incontro alle esigenze del conduttore, di ottenere una riduzione e/o o un’esenzione dalle imposte per il periodo in cui il canone in questione è stato ridotto o cancellato.